Dal Rivellino alla Chiesa Collegiata
Lasciataci alle spalle Piazza Garibaldi iniziamo il nostro itinerario all’interno dell’antico abitato. La lunga discesa che incontriamo a destra, “Via delle Carbonaie“, era l’antica strada di accesso al paese. Il nome le deriva dai fossati difensivi, che circondavano le mura e nei quali, in caso di attacco, venivano lanciate sugli assalitori facsine incendiate che lasciando sul terreno il legno combusto, conferivano loro l’aspetto di carbonaie. Le antiche mura di Cetona hanno un tracciato irregolare ed incompleto e sfruttano le asperità naturali offerte dal ripido pianoro su cui sorge il paese. Il punto più debole del sistema difensivo era quello presso cui ci troviamo adesso, nel quale le pendici della collina decrescono fino a formare una rampa naturale sulla quale è stata ricavata la strada d’accesso per salure al castello.
Qui furono concentrate le maggiori difese del paese. Alzando lo sguardo in direzione del castello, sono ancora visibile le tracce di un’antica muraglia, “Il Soccorso”, sorta per difendere questo lato. Poi con l’avvento della polvere da sparo, fu modificato l’aspetto delle nuove fortificazioni e s’eressero torrioni rotondi con diametri e spessori maggiorati in cui i locali interni erano sovrapposti e coperti da volta a tazza in modo da legare saldamente l’intera struttura. Oggi resta ben visibile solo il Rivellino, posto a destra di una delle antiche porte del Borgo con lo scopo di difenderla e controllarla. L’imponenza della struttura lascia intuire la costruzione dopo il 1400, forse tra il 1418 ed il 1458 allorchè i senesi riedificarono ed ampliarono le mura di Cetona. Pur con i rimaneggiamenti e le aggiunte, sono ancora riconoscibili gli antichi spalti e le caditoie, mentre sul lato che guarda a sud e sovrasta l’antica strada, s’apre una cannoniera. Sulla pendenza sinistra dell’antica Piazza Piccola, oggi dedicata al pittore cetonese Lionello Balestrieri, s’affaccia il Palazzo dei Conti Grottanelli, il cui stemma campeggia in più parti e nei cui sotterranei confluiscono antichi cunicoli provenienti dall’alto della collina. Davanti a noi inizia ora la salita di Via roma. Guardando un’ultima volta la torre del Rivellino, si nota a difesa dell’antica Porta, un’arciera/archibugiera per il tiro di fiancheggiamento. L’antica “Porticciola”, in seguito detta Porta Maggiore, esistente almeno fino al 1850, s’apriva a cavallo della strada tra i primi due palazzi di cui quello a destra, oggi sede della Caserma dei Carabinieri, è l’antico Palazzo di Giustizia. Era questo il cuore dell’attività civile e penale della Comunità. La presenza di alcuni stemmi murati sulla facciata del palazzo ci ricordano che qui risiedeva il Podestà di Cetona per l’amministrazioe della giustizia mentre antichi documenti ci confermano in questo luogo la presenza delle carceri. Percorrendo la ripida salita. a destra sorge il settecentesco Palazzo Sgarroni, nelle cui fondazioni sono inglobate le antiche mura. Al culmine della salita, sulla sinistra, per facilitare l’accesso alla Rocca e alla Cittadella, fu aperta dopo il 1700 la rampa a gradini detta Costarella del Buon Gesù (oggi Via Volpini) mentre a destra si scende per Via Cremani, l’antico Campo dei Fiori. Qui nei primi del 1500 sorgeva un bastione con piccolo forte a controllo della sottostante strada di accesso a Cetona, ed all’interno delle mura, al posto delle abitazioni e del caratteristico dedalo di vicoletti, erano gli orti per l’approvvigionamento di verdura in caso di assedio. Proseguendo per Via Roma, a sdinistra, incombe la mole del Palazzo Minutelli, oggi sede del Municipio. Il palazzo fu edificato agli albori del 1600 sui resti di preesistenti edifici medievali dei quali ricalca la pianta. Gli imponenti portali, di cui alcuni ancora con struttura originale, danno accesso ad una serie di locali nei quali, dal 1990, ha sede il Mueso Civico per la Preistoria del Monte Cetona e Parco Naturalistico e Archeodromo di Belverde. Il portale principale, fortemente rimaneggiato nel 1700, immette nell’atrio del Municipio. Sul soffitto è l’attuale stemma araldico del Comune di Cetona (in origine era l’insegna della Comunità di Camporsevoli), mentre alle pareti alcune lapidi ci ricordano avvenimenti e personaggi della storia cetonese. I piani superiori, oggi uffici, sono caratterizzati da ampi locali, sovente arricchiti da stucchi e affreschi. Valga, per tutti, la visita alla Sala del Consiglio, affrescata nel 1806, con scene classiche, dal pittore Castelletti ed il Gabinetto del Sindaco, decorato con affreschi imitanti lo stile pompeiano.
L’andamento curvilineo della stretta via è riconducivile all’antica Via dei Cavalieri nella quale la strategia difensiva medievale imponena tratti rettilinei non più lunghi della gittato di un arco consentendo in tal modo ad un arciere d’approfittare dei rallentamenti imposti ai cavalieri dalla mancanza di visibilità. Al termine di questo cupo tratto di via, ecco apparire con uno squarcio di luce la Piazza della Collegiata. Senza rendercene conto abbiamo oltrepassato il luogo dove sorgeva la primitiva porta di Cetona, protetta da una torretta quadrata che la sovrastava. Dell’originaria cinta di mura rimane solo un tratto riutilizzato come camminamento coperto che dall’alto della Rocca scende fino al limitare ovest del borgo. La porta e la torretta ormai non ci sono più; il camminamento è rimasto in parte inglobato nelle abitazioni, in parte ancora visibile. Con l’ampliamento della cinta difensiva operato dai senesi nel 1450, l’assetto urbano di Cetona andò allargandosi, occupando gli spazi ancora inedificati che si trovano all’interno delle nuove mura e spostando fisicamente l’accesso al castello ai piedi del colle, in prossimità del Rivellino. Nella Piazza della Collegiata, al cui centro è una cisterna cinquecentesca, si apriva l’antica Prepositura di Santo Stefano, una delle numerose Chiese dell’antica Cetona. Poi nel 1455 Jacopo di Niccolò Piccinino saccheggiò ed incendiò il paese arrecando ingenti danni in particolar modo agli edifici sacri. Alcune chese, fra cui l’antica Pieve di San Giovanni da Queneto, non furono più riedificate e vennero accorpate. I lavori per la riedificazione di questo edificio terminarono intorno al 1475 allorchè fu nominato il Rettore della nuova chiesa dedicata alla Santissima Trinità che accorpava le antiche Pievi di Santo Stefano, di San Giovanni Battista e della Beata Maria Vergine Assunta. Nel 1816 era elevata al rango di Chiesa Collegiata. Costruita in origine ad una sola navata di impianto romanico, nel 1571 si arricchì della navata sinistra con portalino esterno. Nel 1943 a seguito di un terremoto che aveva lesionato parte della struttura, fu ripristinata la facciata allo stato attuale provvedendo ad arretrare il portale laterale sinistro. La lunetta raffigurante S. Pietro, S. Anna e S. Elena, che esetrnamente campefggia sul portale d’ingresso fu introdotta nel 1944 ed è opera del fiorentino Moschi. L’interno è semplice con soffitto a capriate di legno, e prende luce, oltre che dal rosone sulla porta, anche da tre monofore laterali ad arco acuto. Entrando, a sinistra, all’interno si una grande nicchia, è affrescata un’incoronazione della Vergine di scuola umbra del XVI secolo, riferibile, secondo alcuni autori, alla scuola del Pinturicchio